N° 100
CAMBIAMENTI
PROLOGO
AVVOCATO, SPIA
Eravamo sdraiati nel
letto matrimoniale nell’attico di Natasha ed avevamo celebrato a modo nostro la
felice conclusione di quella brutta faccenda con Gorgon ed il mio, in senso
letterale, ritorno alla vita.[1]
Natasha aveva la testa poggiata sul mio petto quando
disse:
-Voglio un figlio, Matt…
da te.-
Potevo sentire il suo battito cardiaco: era emozionata ma
era anche sincera.
-Sei sicura di quel che
dici?- le chiesi.
-Mai stata più sicura di
qualcosa.- ribatté lei con decisione -Questa è la mia ultima occasione e non
voglio lasciarla passare. Tu sei il miglior padre a cui potrei mai pensare.-
Rimasi silenzioso a riflettere: avevo già pensato in
passato alla possibilità di avere figli, specialmente con Karen Page, ma tutto
era stato accantonato dopo la sua morte.[2]
Cosa avrei dovuto rispondere a Natasha adesso? In realtà la risposta mi salì
alle labbra prima che me ne rendessi conto:
-Se è davvero quello che
vuoi, va bene: facciamolo.-
Non me ne sarei pentito.
PARTE PRIMA
NUOVE VITE
1.
Natasha Romanoff stringe i denti e ripete:
-Mi si sono rotte le acque.-
-Ne sei sicura, zarina?- le chiede il suo padrino e mentore Ivan
Petrovitch.
-Credi che non sia capace di capire quando sto per partorire?- ribatte
lei in tono agitato.
-Stia calma e resista Miss Romanoff ora chiamo un’ambulanza.- le dice
la neo assunta bambinaia. Daisy Dugan.
Solo pochi minuti fa
un terzetto di sprovveduti malviventi aveva fatto irruzione nella banca dove si
trovavano Natasha, Ivan e Daisy tentando di rapinarla. Natasha aveva reagito e
neutralizzato uno degli aspiranti rapinatori ma questo aveva provocato la
rottura delle acque o forse sarebbe accaduto comunque, chi poteva saperlo per
certo?
Natasha viene fatta
sedere e comincia gli esercizi di respirazione che ha imparato. I suoi figli
non devono nascere sul pavimento di una stupida banca. Lei resisterà quanto
basta
-L’ambulanza sta per arrivare.- annuncia Daisy.
-Bisogna avvertire Matt.- dice a fatica Natasha.
Sperando che non si
sia ficcato in guai seri.
Mi
chiamo Matt Murdock e sono un avvocato. Il destino mi ha reso cieco ma ha anche
aumentato la capacità dei miei restanti sensi e mi ha donato uno straordinario
senso radar che mi permette di percepire i contorni delle cose che mi
circondano. Sono gli stessi sensi che ora mi stanno avvertendo che un’auto sta
tentando di investirmi mentre mi trovo seduto
sul pavimento di un vicolo di Hell’s Kitchen.
Vi chiederete, forse, chi voglia uccidere un tranquillo
avvocato cieco, beh, la risposta è nessuno: il bersaglio è il supereroe
chiamato Devil, ossia sempre il sottoscritto anche se non sono in molti a
saperlo. A bordo dell’auto c’è Paddy O’Hanlon, detto il Celta, un letale
assassino un tempo affiliato all’IRA. È lui che
vorrebbe vedermi morto.
Agisco rapidamente e lascio che l’auto mi passi sopra
mentre io sono sdraiato nello spazio in mezzo alle ruote che non mi toccano.
Appena è passata lancio all’indietro il cavo del mio bastone ed aggancio il
paraurti posteriore. Con uno sforzo mi rigiro. Mi faccio trascinare per qualche
metro poi riesco a spiccare un salto che mi porta fin sul tettuccio della
vettura. Ho lasciato sull’asfalto un po’ di pelle e qualche brandello di
costume, il secondo che rovino in due giorni, che volete farci?
Da dentro l’auto mi sparano, ma io sapevo che l’avrebbero
fatto ancora prima che premessero il grilletto e sono saltato via. Con i piedi
sfondo il parabrezza e sferro un calcio all’autista che perde il controllo del
mezzo, sbanda, sfonda un guardrail e finisce dritto nell’Hudson River
Io sono di nuovo saltato lontano e mi preparo a tuffarmi
nel fiume quando il cellulare ultrapiatto che porto alla cintura comincia a
vibrare. Sono tentato di ignorarlo ma alla fine rispondo e quel che sento mi
costringe a cambiare i miei piani
I presenti a questo party esclusivo,
organizzato a Miami Beach da un boss della malavita del Golfo del Messico, mi
conoscono come Anna Rand, escort newyorkese d’alto bordo. Quasi tutti dovrei
dire, perché ce n’è almeno una che sa chi sono veramente, Candace Nelson,
giornalista del Daily Bugle, e potrebbe far saltare la mia copertura.
-Che ci fai tu
qui?- mi chiede Glory Grant, ex modella afroamericana attualmente segretaria
del mio editore J. Jonah Jameson.
-Potrei fare a te
la stessa domanda.- ribatto -Da quanto ti sei messa con Carlos Lobo? Sei
diventata la pupa del gangster adesso? È per questo che sei scomparsa da
giorni?-
Lei rimane sconcertata dalla mia
reazione, l’ho messa sulla difensiva proprio come volevo.
-È… complicato, non
capiresti.-
-Mettimi alla
prova, potrei stupirti.-
Scuote la testa e dice:
-Non hai risposto
alla mia domanda.-
-Potrei dirti che
questa è la mia seconda attività: guadagno di più in una sola notte qui che in
un mese al Bugle.-
-Non ti crederei. Non
sei il tipo da farlo.-
-Non esserne così
sicura, ma se davvero non mi credi, perché non vai dal tuo ragazzo e non gli
dici che sono una giornalista e la sorella di un Procuratore Federale?-
Non lo farà, glielo leggo negli
occhi.
2.
La donna che entra
nell’ufficio di Franklin “Foggy” Nelson nella sede della Procura degli Stati
Uniti per il Distretto Giudiziario Sud dello Stato di New York ha un’età tra i
quaranta ad i cinquant’anni, indossa un tailleur gessato scuro, ha i capelli
castani e porta occhiali che sembrano accentuare una certa severità del volto.
Tende la mano a Foggy
dicendo:
-Mi chiamo Evelyn Stanzler e sono…-
-Lo so chi è lei.- replica Foggy con rassegnata calma -Mi avevano
preannunciato il suo arrivo. Ha con sé tutti i documenti, suppongo.-
La donna sospira poi
estrae dalla borsa un fascio di fogli e si rivolge di nuovo a Foggy:
-Due atti a firma del Procuratore Generale. Il primo è la sua… ehm…
destituzione. Il secondo è la mia nomina a Procuratore ad interim per i
prossimi quattro mesi in attesa che sia nominato il suo successore e che il
Senato lo confermi.-
-Il Procuratore Generale si è mosso in fretta.-
La donna fa una
smorfia e replica:
-Non gli ha dato scelta. Lei ha praticamente sfidato il Presidente, non
è stata una mossa saggia.-
Foggy sospira, si
stringe nelle spalle e ribatte:
-Chissà? Intanto ho conservato la mia integrità e la stima di me stesso
e questo è molto importante per me. Bene, può prendere possesso dell’ufficio
anche subito, ho già sgombrato le mie cose. -
-Anche noi.-
A parlare con voce
baritonale è stato un afroamericano dal fisico robusto, ben vestito, con gli
occhiali ed una vaga rassomiglianza con James Earl Jones. Al suo fianco una
donna bionda vestita con giubbotto e pantaloni di jeans, maglietta rossa e un
berretto dei New York Yankees in testa.
-Che significa?- esclama Evelyn Stanzler.
-Che queste sono le nostre dimissioni con effetto immediato.- spiega la
donna avanzando verso di lei e porgendole delle lettere che la Stanzler afferra
meccanicamente -Non ci siamo presentati: io sono Katherine Malper e fino ad un
minuto fa ero la Vice di Mr. Nelson. Lui è William Hollister ed era il capo
della Divisione Penale.-
-Io e Mrs. Stanzler ci siamo scontrati una volta in Corte d’Appello ad
Albany[3]
qualche anno fa… ho vinto io.- interviene Bill Hollister con un sorrisetto
fintamente amabile.
Foggy lascia la
scrivania e si avvia verso la porta dicendo:
-Le auguro buona fortuna Mrs. Stanzler. Ho idea che ne avrà bisogno.-
I tre escono
dall’edificio in St. Andrew’s Plaza e Kathy Malper dice:
-Bene, ora siamo tutti e tre ufficialmente disoccupati.-
-Io ho la mia campagna elettorale di cui occuparmi e se voglio
diventare il prossimo Sindaco di questa città dovrò darmi da fare. Tu cosa
farai, Foggy? Tornerai al tuo vecchio Studio Legale?-
-Non ci ho ancora pensato.- risponde Foggy -Al momento…-
Prima che possa
terminare la frase, il suo cellulare squilla.
-È Liz.- dice alludendo alla sua fidanzata Liz Osborn -Vorrà sapere
com’è andata. Pronto Liz… cosa? Vengo subito in ospedale.-
-Ospedale?- esclama Kathy -Mrs Osborn…-
-Natasha Romanoff sta per partorire in anticipo.- replica lui -L’hanno
portata allo Stark Memorial. Dovrò andare lì. Matt Murdock è il mio più caro
amico e non intendo lasciarlo solo in questo momento.-
Mi chiamo Ben Urich e
sono un giornalista. Lavoro per un grande quotidiano popolare, il Daily Bugle,
dove mi occupo perlopiù di cronaca nera. Appartengo ad una razza forse in via
d’estinzione in questa nuova epoca di fake news e fatti alternativi ma ne vado
fiero.
Sono
seduto alla mia scrivania sorseggiando una tazza di caffè quando mi si avvicina
il mio direttore Joseph “Robbie” Robertson, un nero non più tanto giovane ma
dal fisico ancora tonico.
-Hai sentito la notizia?- mi chiede.
-Che notizia?- ribatto perplesso.
-Franklin Nelson è stato licenziato e con lui
se ne sono andati anche altri due pezzi grossi della Procura Federale:
Katherine Malper e William Hollister.-
Faccio
un fischio e commento:
-Un'altra vittima del Presidente? Non mi
sorprende: Nelson e gli altri due sono troppo indipendenti per i suoi gusti.-
-Credi di poter strappare un commento a Nelson?
Se non sbaglio siete amici.-
Prima
che possa rispondere, io e Robbie veniamo raggiunti da Amy Powell, una bella
bionda che si occupa della cronaca rosa.
-La Vedova Nera sta per partorire.- dice
-L’hanno appena portata allo Stark Hospital. Sto andando lì, magari le strappo
un’intervista.-
La
giornata di Matt Murdock si è appena fatta più movimentata del solito.
L’atrio dello Stark Memorial Hospital è pieno dei
suoni ed odori che ci si può aspettare da un ospedale.
Con un po’ di concentrazione cerco di ignorarli e
mi concentro sulla figura che mi sta venendo incontro: donna, giovane, molto
giovane, buon profumo con qualcosa di vagamente familiare.
-Mr Murdock…- mi si rivolge -… lei non mi conosce. Mi chiamo Daisy Dugan
e lavoro per sua… per Miss Romanoff.-
Dugan? Interessante.
-Dov’è Natasha, Miss Dugan?- le chiedo.
-L’hanno portata in sala parto. Venga, l’accompagno.-
Mi prende per mano e mi
guida verso gli ascensori. Potrei dirle che sono in grado di raggiungere la
sala parto più rapidamente di lei ma non è il caso che Daisy sappia certe cose
che sono certo che suo nonno non le ha detto.
I miei pensieri vanno a
Natasha ed ai nostri figli che stanno nascendo. Che mondo li aspetta?
3.
Attendo
un paio di minuti dopo che Glory se n’è andata poi esco all’aperto a mia volta.
Faccio un lungo respiro mentre vedo Glory che parla con Carlos Lobo. Se gli sta
dicendo chi sono realmente potrei essere morta prima di sera ma sono sempre
convinta che non mi tradirà nonostante sembri persa per quel gangster latino.
Poco distante da Carlos c’è un uomo che gli somiglia moltissimo. Deve essere
suo cugino Miguel evaso qualche giorno fa dal carcere.[4] È
anche lui un mutante licantropo come il resto della famiglia. Mi rivolge uno
sguardo veramente inquietante. Mi spinge a chiedermi se mi voglia nel suo letto
o nel suo piatto.
-Hai attirato l’attenzione di Miguel, pare.-
-A parlare è stata un’afroamericana alta e
slanciata che indossa solo un micro perizoma che copre a malapena lo stretto
necessario, non che io sia più vestita. Non ricordo come si chiama ma la
riconosco come una delle “ragazze” di Bumper Ruggs, la cosiddetta regina della
prostituzione della Costa Est, la stessa che mi ha fornito la copertura per
essere qui.
-È un bene od un male?- chiedo alla mia
presunta “collega” ostentando indifferenza.
-Diciamo che non è esattamente un bravo
ragazzo.- replica lei con un sorrisetto -Ma qui non ce ne sono tanti non è
vero?-
Un
uomo di colore si avvicina a Carlos e comincia a parlare con lui mentre Glory
si allontana.
-Sai chi è quel tizio?- chiedo alla mia nuova
amica -Ho come la sensazione di averlo già visto da qualche parte.-
-È un gangster haitiano.- risponde lei -Si fa
chiamare Danny Guitar -Tempo fa ha tentato di allungare le sue mani su New York
ma Devil glielo ha impedito.[5]
Ora vorrebbe una parte del vecchio territorio di Slug. Si dice che abbia al suo
servizio una sacerdotessa Voodoo e addirittura uno zombie come killer ma io non
credo a queste favolette fatte per spaventare i creduloni.-
Io
invece potrei crederci. Se i Lobo sono dei licantropi e se nel Greenwich
Village vive davvero un mago, perché non dovrei pensare che gli zombie possano
esistere? È un pensiero decisamente inquietante.
Sdraiata sul lettino con le gambe divaricate
Natalia Alianovna Romanova sa che questa è la battaglia più importante della
sua vita e che non ha alcun controllo su di essa.
Non ha importanza, nulla ce l’ha a parte il
fatto che i suoi figli devono nascere. Ha perso tanta gente nella sua vita,
familiari, amanti, amici, al punto da arrivare quasi a convincersi di avere su
di sé una maledizione ma stavolta la batterà, i suoi figli vivranno e
prospereranno. Lo giura.
Quasi non sente i passi dell’uomo che si
ferma accanto al lettino ma non ha bisogno di vederlo per sapere chi è.
Gli stringe con forza
il polso e sussurra:
-Matt.-
Poi urla come le
sembra di non aver mai urlato in tutta la sua vita.
In
momenti come questi vorrei quasi non avere i miei supersensi. Ogni particolare
del parto di Natasha mi si imprime nella mente in modo indelebile
Sento i gemelli spingere per venire
alla luce, al mio naso arriva l’odore del sangue e dei sudore di Natasha, sento
il suo urlo liberatorio e dopo un istante il pianto dei gemelli finalmente
nati.
Per la prima volta dalla morte di
Karen Page piango, ma sono lacrime di gioia.
FINE PARTE PRIMA
PARTE SECONDA
LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA
1.
L’uomo parla con voce
roca, effetto dello stesso incidente che gli ha letteralmente distrutto mezza
faccia. Definirlo incidente è ovviamente un delicato eufemismo. La verità è che
l’uomo, il cui nome è Finn Cooley, era un irriducibile membro di una delle
fazioni dell’I.R.A.[6]
che non hanno accettato gli accordi di pacificazione del Venerdì Santo del
1998. Mentre stava preparando una bomba qualcosa è andato storto e l’ordigno
gli è esploso in faccia. È sopravvissuto ma adesso non solo ha una voce che
ricorda il raschiare di un gesso su una lavagna ma non sono molti quelli che
riescono a guardarlo in faccia a lungo. Uno dei pochi è l’uomo che gli sta di
fronte e con cui sta parlando:
-Voglio Napper French morto, è una cosa così difficile da fare?- dice
Cooley.
Ostentando calma e
freddezza il suo interlocutore replica:
-Ci sarei riuscito facilmente se Devil non avesse interferito. Quel
buffone in costume rosso sembra avere una sorta di soprannaturale talento nel
capire quando sta per arrivare un guaio e gli piace mettersi di mezzo.-
-Supereroi… nelle Sei Contee[7]
non sappiamo quasi cosa sono ma qui sono numerosi come le mosche.-
-Devil è uno dei meno potenti ma è anche un ostinato mastino
idealista.- spiega Paddy O’Hanlon detto il Celta -Si è autonominato protettore
di Hell’s Kitchen e nemico di chiunque, secondo lui, venga nel suo territorio a
combinare guai.-
-Non dirmi che ne hai paura!- esclama Cooley.
-Non ho paura di nessuno e tantomeno di lui.- ribatte in tono fermo e
secco il Celta -Questo non vuol dire che non ne riconosca la pericolosità. In
tutti gli anni che è in giro hanno cercato di ammazzarlo più volte ma lui è
sempre qui, questo dovrebbe dirti qualcosa. Se vuoi dominare Hell’s Kitchen,
lui è il maggiore ostacolo alle tue ambizioni.-
-È solo un uomo e gli uomini possono essere uccisi. Lui non è diverso.-
-Quando sarai rimasto in America abbastanza a lungo forse cambierai
idea. In ogni caso, se vuoi morto anche lui, me ne occuperò io molto
volentieri.-
Natasha
riposa dopo aver tenuto per breve tempo i gemelli in braccio prima che li
portassero in incubatrice. Sono nati prematuri sembrano così piccoli e fragili.
Sembrano.
-Come ti senti?- mi
chiede Foggy Nelson porgendomi una tazza di caffè.
-Frastornato.- ammetto
-Adesso sono padre e non riesco a non chiedermi se sarò all’altezza del
compito. Non sono stato troppo egoista a volere dei figli con la vita che
faccio ed in mondo come quello in cui viviamo?-
Foggy mi posa una mano sulla spalla e mi dice con tono
solenne:
-Matt, tu sei uno degli
uomini migliori che ho mai conosciuto e so che farai del tuo meglio ed anche di
più se necessario. Quanto al mondo… beh, non è mai stato un posto in cui è
facile vivere. Credi che tuo padre non si sia mai posto i tuoi stessi dubbi?-
Mio padre… un combattente che mi ha insegnato a non
arrendermi mai. Non intendo certo farlo adesso.
Prima che possa rispondere a Foggy, sento un odore ed un
battito cardiaco decisamente familiari. Con sorpresa mi rivolgo all’uomo che mi
sta passando vicino, troppo concentrato su chissà quali pensieri per accorgersi
della mia presenza:
-Peter? Peter Parker?-
esclamo.
Lui si ferma ed immagino il suo sguardo perplesso mentre
mi chiede:
-Matt, cosa ci fai qui?-
Glielo spiego e lui mi abbraccia dicendo:
-Sono felice per te.
Essere padre è una cosa meravigliosa. Ringrazio sempre il Cielo per come mia
figlia riempie la mia vita.-
-Spero che non sia per
lei che tu sei qui.-
-No, no, è una cosa del
tutto diversa. Non ci crederai… anzi, ripensandoci: lo farai, anche a te sono
capitate cose strane dopotutto.-
Peter prende fiato e mi racconta di come ha da poco
scoperto che il suo vecchio compagno di liceo Eugene Thompson, detto Flash,
creduto morto, fosse stato in realtà stato tenuto prigioniero da Mysterio per
essere usato in un contorto piano di vendetta postuma contro l’Uomo Ragno… che
poi è Peter stesso ed io sono uno dei pochi che lo sa.[8]
-Mysterio è… era uno
specialista nel rovinare la vita altrui.- dico mentre la mia mente corre a
Karen Page, morta tra le mie braccia, uccisa a causa di un altro contorto piano
di vendetta di Mysterio.
-Oddio!- esclama Peter
-Scusa Matt, non intendevo rovinare questa giornata riportando a galla brutti
ricordi.-
-Non ha importanza.-
replico.
-Certo, Parker…-
interviene Foggy -… che tu ed i tuoi amici avete una bizzarra tendenza a
mettervi nei guai con supercriminali che rivaleggia con quella di Matt e mia.
Liz[9] mi
ha raccontato alcune cose…-
-Liz esagera.- ribatte Peter
-A proposito, devo avvertirla del ritorno di Flash. Non mi perdonerebbe mai se
lo sapesse dal TG o dagli onnipresenti social media.-
-A chi lo dici!- sospira
Foggy prendendo il telefono -È scesa al bar, ora la chiamo.-
La ragazza dai capelli
corti e neri entra nella stanza dove una donna attraente ed elegante sta
parlando con un uomo che indossa un abito evidentemente fatto su misura e dal
portamento che si potrebbe definire aristocratico.
-Cosa c’è Kris?- chiede l’uomo
-Sono arrivati gli ultimi sondaggi, Mr. Stuyvesant. Pensavo che a lei e
Mrs. Harris facesse piacere saperlo.-
-E avevi ragione, Kris, grazie. Ci diamo subito un’occhiata.-
Il tempo necessario
per collegarsi ad un sito di notizie politiche ed i dati in questione scorrono
sullo schermo di un computer sotto gli occhi di Sterling Stuyvesant e Deborah
Harris.
-Molto soddisfacente.- commenta Stuyvesant -Direi che l’unico
avversario che devi realmente temere è Bill Hollister.-
-Hollister è in gamba. Meriterebbe di vincere… forse più di me.-
replica Debbie.
-Non dirlo mai. Se non pensi di poter essere un Sindaco migliore di
lui, allora è inutile che lotti.-
-Ho appena sentito che Hollister si è dimesso dalla Procura Federale
stamattina , dopo il licenziamento di Nelson.-
-Foggy è stato licenziato?- esclama, sorpresa, Debbie.
-La cosa ti interessa?- le chiede Stuyvesant.
-È il mio ex marito e sono stata io a far fallire il nostro matrimonio
facendogli molto male e nonostante questo non mi odia. È uno degli uomini più
buoni che conosco e non si meritava anche questo.-
-Mi chiedo se questo sarà un bene od un male per la campagna
elettorale.-
-Sinceramente, Stuy, non me ne frega niente. È a come si sente lui che
penso.-
-Pensi che accetterebbe di diventare consulente legale della nostra
campagna elettorale?
-Penso che non glielo chiederei mai, sarebbe troppo imbarazzante per
entrambi.- è la secca risposta di Debbie.
2.
Per una volta tanto
entro in quest’ospedale non per occuparmi di qualche brutale omicidio od
aggressione ma per un motivo veramente felice. Matt Murdock è un mio vecchio e
caro amico. Ne ha passate così tante nella sua vita che si merita finalmente un
po’ di gioia
Lo
vedo in compagnia dell’ultima persona che mi aspettavo di vedere qui.
-Parker!- esclamo -Che ci fai qui anche tu?-
-Ciao Ben.- mi risponde -Ero qui per far visita
ad un amico quando ho incontrato Matt… Mr. Murdock … e mi ha informato dei
gemelli. Non dirmi che Jonah ha mandato te per farci un servizio.-
-Uhm, no. Se ne sta occupando Amy Powell. Ti
ricordi di lei?-
-E chi potrebbe dimenticarsela? Credevo che
avesse lasciato il Bugle dopo l’omicidio di Lance Bannon.-[10]
-È rientrata di recente e si occupa di cronaca
mondana.-
-Interessante, ma ora scusate tutti, devo
proprio andare.-
Parker
si allontana velocemente e mi viene solo ora in mente che non gli ho chiesto
chi sia l’amico ricoverato qui. Immagino che lo scoprirò prima o poi.[11]
Mi
rivolgo a Matt:
-Allora, come ci si sente a diventare padri?-
-Strani.- risponde lui sorridendo -Continuo a
chiedermi se sarò all’altezza del compito che mi attende.-
-L’uomo senza Paura ha forse paura dei
pannolini sporchi?-
Scoppiamo
tutti a ridere poi, quando ci siamo calmati chiedo a Nelson:
-Ho saputo che sei finito nella lunga lista dei
licenziati dal Presidente.-
-Tecnicamente dal Procuratore Generale.-
replica lui -Era inevitabile presumo.-
-Il tuo ufficio allo studio legale è lì che ti
attende se vuoi tornare. Il tuo nome è ancora nella ragione sociale.-
interviene Matt.
-Uhm…. Non ci ho pensato. Vorrei prendermi una
pausa.-
Nelson esita un istante
poi si rivolge a me:
-Hai sentito mia sorella di recente, Urich? Ho
provato a chiamarla ma il suo cellulare è irraggiungibile.-
-Credo sia in vacanza. - rispondo -So che si è
presa un po’ di ferie.-
-Beh almeno c’è da sperare che una volta tanto
starà lontana dai guai.-
Non
ne sarei troppo sicuro se fossi in lui.
Mentre
sto riflettendo, una voce di donna mi chiede:
-Volete qualcosa da
bere señoritas?-
Mi volto di scatto per trovarmi
di fronte la stessa cameriera di ieri sera della
sera precedente.[12]
Giovane, attraente sotto l’aria dimessa, capelli castani, come gli occhi. È
chiaramente latinoamericana, forse di origine cubana come è normale qui in
Florida. Ci rivolge uno sguardo disincantato ed ormai privo di illusioni su
come gira il mondo una sensazione che ho imparato a conoscere ormai.
-Ho proprio bisogno
di qualcosa di forte.- replico afferrando un bicchiere e vuotandone il
contenuto tutto d’un fiato. La mia nuova amica mi imita.
La cameriera ci fissa brevemente
poi riprende il suo giro.
-Bella ragazza.-
commenta l’afroamericana -Se si curasse di più potrebbe fare faville nel nostro
giro.-
-Forse non le
interessa, ci hai pensato?- ribatto.
-Magari nessuno
gliel’ha proposto. Mi riesce difficile immaginare che le basti il misero salario
da cameriera, mance comprese.-
-Non siamo tutte
uguali, sai?- ribatto ancora -
Lei non ha il tempo di
replicare, Gavin Thorpe esce all’aperto vestito solo di uno slip. È un pezzo
grosso emergente del Maggia ed aspira ad aggiudicarsi il territorio rimasto
libero quando il vecchio boss della Costa Sud, Ulysses X. Lugman, meglio noto
come Slug, è stato arrestato e spedito in una remota prigione di supermassima
sicurezza per superumani molto pericolosi.[13]
Lo scopo di questo mega party è convincere i boss della criminalità organizzata
che lui è degno di subentrare a Slug e per questo non ha badato a spese.
Bumper
Ruggs vuole avere un qualche mezzo di pressione contro di lui e mi ha
praticamente ricattato per costringermi a procurarmelo per lei. Perché proprio io
e non una delle sue abituali ragazze? Non lo so: forse non si fida abbastanza
di loro o forse la diverte avere al suo servizio la sorella di quello stesso
Procuratore Federale che potrebbe incriminarla per aver organizzato un traffico
di prostitute da uno Stato ad un altro o magari voleva vedere fino a che punto
sarei stata disposta a spingermi per ripagare il mio debito con lei. Bene: ho
le informazioni che voleva scaricate su una chiavetta USB nascosta nel
pendaglio che ho al collo e preferisco non pensare a quel che ho dovuto fare
per ottenerle.
Guardo
Gavin Thorpe e provo disgusto per lui ed un po’ anche per me stessa.
Il quartiere di Clinton nel West Side di
Manhattan è più noto come Hell’s Kitchen ed è stato per lungo tempo la casa dei
newyorkesi di origine irlandese. Nell’immaginario popolare è impresso come un
luogo di povertà, degrado e violenza. In realtà da alcuni decenni il quartiere
è oggetto di riqualificazione, il tasso dei crimini è in netta diminuzione e
molti giovani finanzieri rampanti hanno scelto il quartiere come loro
residenza. Ovviamente questo ha portato ad una rapida impennata dei prezzi
delle abitazioni spingendo parte dei vecchi abitanti a cercare altrove una
sistemazione più economica ma come suol dirsi, non si può fare una frittata
senza rompere le uova, giusto?
Non crediate, però, che Hell’s Kitchen sia
davvero un quartiere ormai tranquillo e pacifico:, per qualcuno le vecchie
abitudini sono dure a morire.
Un’esplosione scuote la tranquillità del
pomeriggio estivo. Un’auto avvolta dalle fiamme compie una spettacolare
carambola finendo contro un’altra che perde il controllo a sua volta piombando
contro un’altra vettura che esplode subito dopo.
La guerra di Finn Cooley ha appena subito
un’escalation.
3.
La donna che il mondo conosce come Vedova
Nera è quel che si definisce una dura. Nella sua vita ne ha passate tante e ne
è sempre uscita più forte ma forse con l’animo troppo indurito. Amare vuol dire
essere feriti si è detta spesso e per questo aveva scelto di avere solo relazioni
non impegnative ma questo era prima di Matt, prima dei bambini. Adesso tutto è
cambiato ed in meglio. Per la prima volta fare programmi per il futuro non la
spaventa.
Apre gli occhi e non è
sorpresa di trovarlo seduto accanto al letto.
-Matt….- si limita a dire.
Matt Murdock le
stringe la mano e sorride. Non occorrono parole tra loro, non sono mai state
necessarie, pensa lei.
Improvvisamente lui
alza la testa come se avesse sentito qualcosa che nessun altro può udire e
sicuramente è proprio così.
Natasha accende il televisore sintonizzato su
un canale di notizie.
<<… ultimi aggiornamenti sull’attentato dinamitardo che ha
sconvolto Hell’s Kitchen. Il numero dei morti e dei feriti è in ascesa…>>
Natasha guarda il suo
uomo e sa esattamente cosa sta pensando.
-Va’!- gli dice -Non c’è nulla che potresti fare qui mentre lì potresti
essere utile.-
-Ne sei sicura?- le chiede lui..
-Non sono una donzella indifesa, lo sai e poi ho solo partorito. Alle
donne capita dall’alba dell’umanità sai? Voi maschietti vi prendete la parte
più divertente ed a noi femminucce tocca tutta la fatica.-
-Sei meravigliosa.- dice Matt.
In pochi minuti ha
indossato il costume di Devil e nascosto i suoi abiti “civili”. Prima di
saltare dalla finestra si volta ancora a guardarla. Sembra che stia per dire
qualcosa poi volta la testa e salta.
Natasha appoggia la
testa sul cuscino e sospira. Avrebbe voluto andare con lui e presto potrà farlo
di nuovo, bambini permettendo s’intende. È quasi buffo pensare a se stessa nel
ruolo di madre dopo che se lo è negato per anni, eppure eccola qui. Forse
dovrebbe…
Il filo dei suoi
pensieri si interrompe mentre si rende conto che qualcuno sta entrando dalla
stessa finestra da cui Matt è uscito pochi minuti prima. Si rilassa solo quando
capisce chi è l’intruso.
-Clint Barton!- esclama -Non potresti usare la porta come le persone
normali?-
-Se fossi una persona normale non me ne andrei in giro in un costume
colorato.- ribatte ridendo il Vendicatore conosciuto come Occhio di Falco -E
per favore, non dire il mio vero nome ad alta voce: la mia identità segreta fa
già abbastanza schifo da sola.-
-Come desideri.-
Solo allora Natasha si
accorge che Clint ha con sé un mazzo di fiori.
-Sei un vero gentiluomo, Clint.- dice.
-Solo un piccolo pensiero che ho preso prima di venire qui. Certo che
mi ci vorrà un po’ a pensarti come mamma.-
-Stavo pensando la stessa cosa prima che tu entrassi. Credi che sarò
una buona madre?-
-E perché non dovresti? Se tra noi le cose fossero andate diversamente
e non mi avessi piantato praticamente alla vigilia del matrimonio forse sarei
stato io il padre dei tuoi figli.-
-Mi dispiace, Clint. All’epoca credevo di star facendo la cosa giusta…
per tutti e due.-
-Acqua passata ormai. Siamo più vecchi ora, forse non più saggi ma tu
di sicuro sei più felice. Mi basta guardarti per capirlo.-
-Non è troppo tardi per te.- dice lei con un sorrisetto ironico
-Scommetto che quella tua amichetta nativa, come dite adesso, lo farebbe
volentieri un figlio con te e magari anche la tua giovane allieva com’è che si
chiama: Falchetta?-
-Per l’amor di Dio, Natasha. Come ti vengono in mente certe cose?-
La Vedova Nera ride
divertita.
Quando scendo dal taxi
mi trovo di fronte uno scenario che mi ricorda Beirut o altre città del Medio
Oriente. Se è opera della gang di Finn Cooley, bisogna dire che lui sta
diligentemente applicando tutto quel che ha imparato nei suoi anni da
terrorista.
Mi
fermo dinanzi allo sbarramento formato dal nastro giallo. All’interno del
perimetro individuo abbastanza facilmente degli agenti federali tra cui la
bionda dell’A.T.F.[14]
che ho conosciuto qualche giorno fa.[15]
Con loro anche un paio di detective cittadini. Tutti della Task Force Congiunta
Anti Terrorismo e di quella Anti Crimine Organizzato, il che sembra confermare
certi miei sospetti, ma suppongo che i baldi rappresentanti terranno le bocche
cucite con me e gli altri giornalisti.
Si
avvicinano al nastro giallo e tutti noi della libera stampa scattiamo
all’unisono verso di loro. Tra loro riconosco la sfolgorante bionda che conduce
quel talk show sui supereroi, com’è che si chiama?
Non
ho tempo per pensarci perché la mia attenzione è attratta dall’arrivo di
un’auto scura che si ferma proprio davanti al nastro giallo. Ne scende una
bella ragazza bionda che indossa un mini abito rosso che ne fascia le forme
perfette. Si guarda intorno con circospezione mentre tiene aperta la portiera
per far scendere un altro passeggero, un uomo anziano dalla fluente barba
bianca che si appoggia ad un bastone e che riconosco immediatamente: Stephen J.
North, Sam per gli amici, attuale agente di collegamento tra la C.I.A. e le due
task force. Qualche tempo fa è rimasto quasi ucciso, investito da un’auto
mentre attraversava la strada è stato dimesso dall'ospedale e questa deve
essere la sua prima uscita pubblica. La bionda appariscente che l’accompagna
non ha l’aria dell’infermiera e quando ho incrociato il suo sguardo ci ho visto
una durezza insolita, qualcosa che me l’ha fatta classificare come pericolosa,
molto pericolosa e credetemi, il vostro Ben Urich di donne pericolose se ne
intende.
La
giornalista bionda di cui parlavo prima si avvicina a North allungando il
microfono:
-Nina Zahl per la WFSK posso…-
La
bionda in rosso le afferra il polso e cerca di spingerla indietro ma lei si
libera con facilità dalla stretta sbilanciando la sua antagonista poi prosegue
imperterrita:
-Mr North, come commenta le voci secondo cui
dietro la recente ondata di attentati a Hell’s Kitchen ci sarebbe il terrorista
nordirlandese ricercato Finn Cooley?-
North
alza una mano bloccando la sua guardia del corpo che stava avanzando con
evidenti intenzioni bellicose e risponde:
-Non commento mai le voci, Miss Zahl, anzi: di
solito non commento mai nemmeno i fatti. Ora se vuole scusarmi…-
Senza
dire altro North volta le spalle a Nina Zahl ed aiutato dalla sua prosperosa
assistente supera il nastro giallo e si dirige verso i poliziotti.
-E tanti saluti ai guardiani del Primo
Emendamento.- commento.
Nina
mi rivolge un sorriso che scioglierebbe all’istante un ghiacciaio in pieno
inverno. Improvvisamente spicca un salto e mi piomba addosso trascinandomi a
terra. Prima che mi possa riprendere dalla sorpresa, sento un sibilo sopra la
mia testa seguito da un’esplosione.
In sella ad una moto parcheggiata poco
distante una donna osserva l’arrivo di Sam North e la sua discussione con la
giornalista. Indossa un giubbotto di pelle verde, jeans attillati e stivali. Il
suo volto è nascosto da un casco in cui sono visibili solo gli occhi verdi come
diamanti.
Con lo sguardo
ispeziona la zona e la sua attenzione è attratta da una figura indistinta ferma
in piedi sul bordo del tetto di un palazzo vicino. Che sta facendo?
Il sole manda dei riflessi su qualcosa di
metallico poggiato sulla sua spalla destra.
-Oh Mio Dio!- esclama la motociclista.
Preme l’acceleratore a
tavoletta e si precipita verso la zona transennata ben consapevole che anche la
moto più potente non sarà mai più veloce di un missile stinger
L’onda d’urto
dell’esplosione le fa perdere il controllo della moto. La sua ultima parola
prima di rotolare sull’asfalto è:
-Papà!-
FINE PARTE SECONDA
PARTE TERZA
LA GUERRA PRIVATA DI FINN COOLEY
1.
Il tempismo è essenziale. Fossi
arrivato un minuto prima non sarebbe successo niente, un minuto dopo ed i morti
sarebbero stati probabilmente decine. Il mio calcio ha deviato il lancio del
missile quanto basta da evitare le peggiori conseguenze… o almeno lo spero.
L’attentatore ha
incassato il calcio da vero professionista ed è già in piedi. Ritmo del respiro
e del battito cardiaco uniti a come si muove mi dicono che è giovane ed in
ottima forma. Lo scatto di un coltello a serramanico mi informa che è pronto a
combattere.
-Devil.- mi dice con voce calma -Mi avevano detto che avrei potuto
aspettarmi la tua interferenza.-
-Allora avresti dovuto startene lontano da qui.- ribatto prontamente.
Cerca di sferrarmi un
fendente ma blocco facilmente il suo polso e poi lo torco fino a fargli cadere
l’arma. A questo punto cerca di colpirmi con una ginocchiata all’inguine ma io
sono pronto a bloccarlo. Tenta varie mosse ma senza successo. È evidente che ha
avuto un addestramento coi fiocchi quasi sicuramente militare, forze speciali
direi ma per quanto sia in gamba, io ho un vantaggio che ha lui manca: posso
anticipare le sue mosse prima ancora che le compia. Una sottile variazione nel
respiro o nel battito ed io so che sta per colpire.
Si batte bene ma è
inevitabile che alla fine scopra la sua guardia ed io ne approfitto per
vibrargli un diretto al mento che chiude la partita. Un KO di cui papà sarebbe
andato fiero.
Un maledetto missile,
ma a quanto pare ci ha mancati di parecchio andando ad esplodere in un edificio
già condannato alla demolizione. Abbastanza vicino da farmi sentire rintronato
per il rumore e coi vestiti impolverati a causa della pioggia di detriti ma non
mi lamento se penso a come sarebbe potuta andare ed a questo proposito…
Nina
Zahl è già in piedi e si sta sistemando la gonna.
-Tutto a posto?- le chiedo.
-Oh sì.- risponde lei -Temo però che dovrò
cambiare vestito, questo è troppo sporco.-
Un
missile stava per esploderci sulla testa e lei si preoccupa dell’abito come se
avesse semplicemente preso uno schizzo da una pozzanghera, ma che donna è? E
come accidenti si è accorta prima di tutti gli altri dell’arrivo del missile? Per
tacere del salto degno di un’atleta olimpionica… o di una supereroina.
Lei
sembra indovinare i miei pensieri e dice:
-Niente di eccezionale, Ben, è che mi piace
tenermi in forma. Potresti dire che sono una fanatica del fitness. Oh, posso
chiamarti Ben, non è vero?
Mi
fissa sbattendo quei suoi occhioni azzurri e mi ritrovo a rispondere
automaticamente:
Sì, certo.-
-Bene, ora scusami, ma ho un servizio da
preparare ed anche tu, credo.-
Prima
che possa ribattere, una figura vestita di rosso balza vicino a noi portando
con sé un corpo inerte.
-Devil, ma che bella sorpresa!- esclama Nina
sorridendo.
Il
diavolo protettore di Hell’s Kitchen si avvicina ad un gruppetto di confusi
poliziotti e deposita il suo fardello ai loro piedi dicendo:
-È quello che ha lanciato il missile. Potrebbe
avere delle cose interessanti da raccontare.-
Si
volta verso di me con un’espressione perplessa sul viso,
-Ben? Sei solo?-
Mi
accorgo solo ora che Nina è sparita. Un rapido sguardo in giro e la vedo che
assieme al suo cameraman corre verso il gruppetto formato da Sam North, la sua
assistente ed i membri delle task force.
-Ora sono solo ma prima c’era con me Nina Zahl,
una reporter della WFSK che è corsa in cerca di uno scoop. Cosa che farei bene
a fare anch’io prima che il vecchio Jonah[16]
mi mangi vivo. Non dirmi che la conosci!-
-Il nome non mi dice niente ma il suo profumo
ha qualcosa di familiare.-
-Ben Urich, Devil! Vi si trova sempre dove ci
sono guai.-
A
parlare è stata una giovane ed attraente donna dai lunghi capelli rossi ed
occhi verdi vestita con un giubbotto di pelle verde e Jeans, entrambi
stracciati in più punti.
-Potrei dire lo stesso di te, Dakota.- ribatto
-A vederti si direbbe che hai avuto qualche problema.-
Dakota
North, ex modella divenuta investigatrice privata, nonché figlia di Sam North,
scuote i capelli e sorridendo replica:
-Sono solo caduta dalla moto, nulla di
particolarmente serio. Certo, avrebbe potuto andarmi peggio se non avessi avuto
il casco, ma non pensiamoci adesso.- si rivolge a Devil -A quanto pare, sei
stato tu ad evitare che accadesse il peggio, grazie.-
-Ho fatto solo quel che andava fatto.- si
schermisce lui -Spero solo di poter prendere presto il vero responsabile di
tutto questo: Finn Cooley.-
-Vedo che c’è tuo padre laggiù .. dico a Dakota
-Vai a parlargli adesso?-
-Non è necessario.- risponde lei con troppa
enfasi -Ha già chi bada a lui in modo eccellente.-
E
allora che ci fai qui? Vorrei chiederle ma so già che non mi risponderebbe.
Hell’s Kitchen sembra uno di quei quartieri di una
di quelle città mediorientali sconvolte da conflitti senza fine. Mi chiamo Sean
Patrick Gawaine e sono un prete cattolico. Prima di ricevere la chiamata del
Signore ero un pugile e non ero estraneo alla violenza ma non a questi livelli.
I morti sono allineati sui marciapiedi in attesa di
essere portati via, i feriti ricevono le prime cure in un ambulatorio locale
dove due medici, un anziano ebreo ed una afroamericana ancora giovane si danno
da fare come possono in attesa di migliori soccorsi aiutati da una pattuglia di
suore del vicino convento guidate da una determinata Suor Maggie che quando mi
vede entrare mi apostrofa senza mezzi termini:
-Sei arrivato appena in tempo, Kid, rimboccati le maniche e vieni a dare
una mano.-
Lei è una delle
poche persone che mi chiamano col mio vecchio nome di battaglia, un altro è Pop
Fenton il mio vecchio allenatore ed attuale gestore della Palestra Fogwell, un
luogo da cui cerca di aiutare i giovani del quartiere a non cadere nel crimine
come avrebbe potuto accadere a me tanti anni fa. Lo raggiungo e gli chiedo:
-Serve aiuto, Pop?-
-Quello serve sempre, Kid.- ribatte lui -Vorrei avere tra le mani il
pazzo che ha combinato tutto questo.-
-E rispondere alla violenza con la violenza? A che servirebbe?-
-Tu sei un prete e fai bene a parlare così, ma per quanto mi riguarda,
preferirei non aspettare che i responsabili finiscano naturalmente all’inferno
per ricevere la meritata punizione e mi piacerebbe per loro un tormento più
immediato e terreno.-
Sto per ribattere
ma proprio in quel momento entra Devil, un vecchio amico del quartiere ma anche
mio e di Pop personalmente. Porta tra le braccia un uomo anziano con la barba
bianca seguito da altra gente tra cui riconosco solo il reporter Ben Urich e la
detective privata Dakota North dallo sguardo decisamente preoccupato.
-Qualcuno può dare un’occhiata a questa gente?- chiede Devil mettendo
l’uomo a sedere.
Arriva il medico
anziano, Burstein mi pare che si chiami, e si china sull’uomo dalla barba
bianca.
-Qualche escoriazione ed un taglio sulla fronte, basteranno un paio di
punti.- sentenzia.
-Lo avevo detto.- replica l’altro -Non basta una banale caduta a mettere
fuori combattimento S.J. North.-
North? Lo stesso
cognome di Dakota? È proprio lei a commentare con un ‘evidente vena di amaro
sarcasmo:
-È vero, mio padre è indistruttibile.-
-Quell’esplosione di poco fa, cos’era?- chiede Suor Maggie i cui occhi
non si staccano da Devil.
-Qualcuno voleva ucciderci con un missile ma Devil gliel’ha impedito.-
spiega una giovane donna bionda che porta i capelli a coda di cavallo -Agente
Speciale dell’A.T.F. Penelope Lathrop.- si presenta poi.
-E dov’è quell’uomo adesso?-
-Nelle mani della Polizia… Maggie.- risponde Devil -Non farà più del
male a nessuno.-
Una ragazza bionda
che indossa un vestito rosso molto corto si guarda intorno con aria cupa.
-Mi ricorda una sera a Belfast.- dice con un accento evidentemente
nordirlandese -Anche lì c’erano bambini tra le vittime. Per questo me ne sono
andata. Anche allora era lui il responsabile. Volevo sfuggire alla sua violenza
ma mi ha seguito fin qui. Non puoi scappare da ciò che sei.-
-Lo prenderemo, Tulip.- le dice North -La parabola di Finn Cooley finirà
qui a Hell’s Kitchen.-
Finn Cooley, un
nome che quasi tutti i presenti hanno già sentito e credo che tutti noi
speriamo che S.J. North abbia ragione.
2.
Il Jacob J. Javits Federal Building è un
edificio di 41 piani che sorge al n. 26 di Federal Plaza di fronte a Foley
Square nel quartiere del Centro Civico a Manhattan, New York City. Ospita gli
uffici locali delle principali agenzie federali e parte degli uffici delle task
force congiunte Anti Terrorismo ed Anti Crimine Organizzato tra le forze
dell’ordine federali ed il Dipartimento di Polizia di New York.
È qui che l’uomo catturato da Devil è stato
portato per essere interrogato ed ora si ritrova circondato da agenti di varie
agenzie federali e da detective del NYPD, per tacere di un Vice Procuratore
degli Stati Uniti, un Vice Procuratore Generale di Stato ed un membro della
Procura Distrettuale di Manhattan. Il prigioniero li guarda e con ostentata
calma dice:
-Liam Malloy, soldato dell’Esercito Repubblicano Irlandese, numero di
matricola…-
-Piantala con queste scemenze, amico.- ribatte l’Agente Speciale
Supervisore del F.B.I. Philip Corrigan -Non sei un prigioniero di guerra e a
dirla tutta, non sei nemmeno un vero Irlandese: sei nato a Boston.-
-Ma i miei avi erano di Derry e sono emigrati in America per sfuggire
alla fame ed all’oppressione britannica, quella stessa oppressione che io oggi combatto
anche in loro nome.-
-Balle!- interviene il Detective “Bucko” Leary del NYPD -Quello che hai
fatto non ha niente a che fare con la causa irlandese ma con la sporca guerra
di Finn Cooley per diventare il re del crimine di Hell’s Kitchen. La tua azione
è costata la vita ad un bel po’ di gente innocente, quasi tutti irlandesi
americani come il sottoscritto e come te, non cattivi inglesi. Sei solo uno
schifoso criminale.-
-E come tale verrà perseguito.- aggiunge un uomo sui trenta o forse
trentacinque anni, ben vestito e con gli occhiali -Roger Vane della Procura
degli Stati Uniti per il Distretto Sud di questo Stato.- si presenta -Il mio
ufficio sta valutando se considerare questo caso come atto di terrorismo e
rivendicare così la giurisdizione anche sugli omicidi. Se sarà così, sosterrò
l’accusa personalmente e chiederò la pena di morte.-
-Tremo dalla paura.- replica Malloy.
- È inutile.- commenta l’Agente Speciale dell’A.T.F. Penny Lathrop -Non
gli caveremo nulla.-
Esasperata, esce nel corridoio ed è raggiunta
dal Detective Connor Trevane della Divisione Imprese Criminali del NYPD e da
una giovane afroamericana che indossa un tailleur nero e porta gli occhiali
-Che lavori per Finn Cooley è scontato.- dice Trevane -L’autobomba che
ha dato il via al tutto era piazzata davanti ad un negozio che appartiene a
Napper French. Il vecchio bastardo, però, se l’è cavata ancora una volta ed è
tremendamente ovvio che presto reagirà, una reazione altrettanto violenta.-
-Forse io so come stanare Cooley.-
A parlare è stato Sam
North con al fianco la sua bionda assistente che esibisce un sorriso
sottilmente inquietante.
Non
è insolito vedere un supereroe in costume per i corridoi di questo ospedale che
è di proprietà della Fondazione Stark e convenzionato con i Vendicatori,
compresi quelli della Riserva come Natasha. Più insolito è vederne uno nella
nursery.
Non posso vedere i miei due gemelli
che riposano nelle loro incubatrici ma posso sentire i loro piccoli cuori
battere. Vogliono vivere e ce la faranno. Sono dei combattenti come i loro
genitori e non si arrenderanno finché non avranno vinto.
Sorrido
e mi allontano con discrezione. Senza farmi notare raggiungo la camera di
Natasha e la trovo già addormentata ma per quanto sia silenzioso, non lo sono
abbastanza per lei.
-Matt…- mi sussurra
-Ho visto un servizio alla TV. Era davvero così grave?-
-Forse anche peggio.-
rispondo mentre recupero i miei vestiti e ritorno ad essere Matt Murdock
l’avvocato cieco -E temo che peggiorerà ancora.-
Una profezia fin troppo facile.
Le prime luci dell’alba che filtrano dalle
finestre illuminano la figura di una suora che con passi leggeri percorre i
corridoi del reparto neonatale dello Stark Hospital fino a fermarsi davanti a
due incubatrici contenenti rispettivamente un maschietto ed una femminuccia.
-I miei nipoti.- sussurra la suora e sorride.
-I più belli del mondo se lo chiede a me.-
A parlare è stata
Natasha Romanoff che indossa una vestaglia sopra la camicia da notte
dell’ospedale..
-Non è quello che pensano tutte le madri?- ribatte Maggie sempre col
sorriso sulle labbra.-
-Credo di sì ma non m’importa molto delle altre. So solo che non potevo
restare più a lungo senza rivederli.-
-Lo posso capire. E Matt?-
-Sta dormendo. Ha avuto una giornata pesante… in più di un senso.-
-Lo so bene. In ogni caso, sono felice di vederti.- le dice ancora
Maggie -Non ho mai potuto ringraziarti per aver salvato l’anima di Matt… di mio
figlio.-[17]
-Ma forse non sono la donna che avresti voluto come madre dei suoi
figli.- ribatte Natasha.
Maggie le prende le
mani e replica:
-Figliola, io sono l’ultima che può permettersi di giudicare qualcuno.
Ho molti peccati sulla coscienza da espiare.-
-Ma i miei sono…-
-Shhh, la sola cosa che conta è che tu ami Matt e lui ama te come
temevo che non sarebbe più stato capace di fare dopo la morte di Karen Page ed
è merito tuo.-
Natasha tace e si
lascia abbracciare.
3.
Finn Cooley guarda fuori dalla finestra la luce livida dell’alba sorgere su Hell’s Kitchen e sogghigna. Tutto sta andando come previsto e l’eliminazione di Napper French ed Eric Slaughter è solo questione di tempo. La cattura di Liam Malloy e una seccatura ma lui è un bravo soldato e non parlerà, non c’è da preoccuparsi al riguardo.
-Scusa zio…-
A parlare è stato Peter, il nipote di Finn che abbassa lo sguardo. Non è capace di guardare quel che è diventata la faccia di Finn ed anche se lui non lo ammetterebbe mai, la cosa lo ferisce.
-Cosa c’è?- chiede in tono brusco al nipote.
-È successa una cosa strana.- risponde Peter -È arrivato un messaggio su uno dei nostri vecchi canali. Non lo usiamo più da… da quando hai avuto il tuo… incidente ma ogni tanto ci do un’occhiata come mi hai chiesto di fare.
-Non dirmi cose che già so, dimmi piuttosto di che si tratta.-
-Leggi tu stesso. -
Peter gli porge il suo cellulare e dopo che ha letto il messaggio, sul volto sfigurato di Finn si disegna un sorriso crudele mentre dice:
-Tulip O’Hara, questo sì che è interessante.
Tulip O’Hara…- esclama Peter -Non è quella che…-
-Proprio lei: la figliola prodiga vuol tornare a casa. Abbiamo un vitello grasso da ammazzare per festeggiare l’evento?-
Finn scoppia a ridere e Peter rabbrividisce.
Rientro
in redazione e comincio a scrivere il mio pezzo per l’edizione di domani. Il
titolo non è nulla di originale: zona di guerra. È quello che quel pazzoide di
Finn Cooley ha fatto: ha reso Hell’s Kitchen come la Belfast dei giorni
peggiori. Come può pensare di farla franca? È pazzo come dicono e forse anche
di più.
Immagino
che una bomba che ti esplode in faccia portandotene via metà sia un’esperienza
che non faccia bene alla sanità mentale. Non crediate, però, che provi
compassione per Finn Cooley. Forse ha avuto un’infanzia difficile, forse un
qualche trauma giovanile lo ha segnato o forse è solo un bastardo psicopatico e
malvagio che aveva solo bisogno di una scusa per sfogare i suoi istinti
violenti ed il conflitto irlandese gliene ha data una su un piatto d’argento.
Qui,
però la politica non c’entra, Cooley vuole solo un territorio da dominare, non
è altro che un comune gangster. Se il solo modo che conosce per affermare la
sua voglia di potere è questo tipo di violenza, temo che le cose potranno solo
peggiorare.
La notte è scesa da
tempo su Miami Beach ed ormai il padrone e gli ospiti della villa sono quasi
tutti addormentati, comprese le ragazze che hanno compiuto il loro dovere di,
diciamo così, allietarli.
Io
non riesco a prendere sonno e non c’è da stupirsene vista la situazione in cui
mi sono ficcata. Mi alzo dal letto e mi avvicino alla terrazza contemplando il
panorama e riflettendo sulla piega che ha preso la mia vita ultimamente.
Dicono
che l’ora più buia è appena prima dell’alba. Forse è vero ma in questo momento
la luna manda ancora abbastanza luce perché io riesca a vedere una figura di
donna che oltrepassa il muro di cinta fluttuando in aria come se fosse senza
peso.
Non
faccio a tempo a domandarmi quanti e quali superumani ci siano in Florida che
lei è già nella stanza. Teletrasporto?
Indossa
un costume blu e viola che le lascia scoperte le spalle, alle gambe porta calze
a rete viola. I capelli sono castani ramati e gli occhi… gli occhi sono due
fessure bianche. C’è però qualcosa di familiare in lei, ma non riesco a
definirlo.
Guarda
verso di me e con tono risoluto intima:
-Vattene, vattene con le tue amiche o non
garantisco la vostra salvezza.-
Temo
sia già troppo tardi. Gavin Thorpe deve essere uno abituato a dormire con un
occhio solo perché balza dal letto con in pugno una grossa pistola e la punta
contro la donna:
-Non so chi tu sia, amica…- esclama -… ma hai
scelto l’uomo sbagliato da stuzzicare!-
Spara
senza badare al fatto che io sia sulla linea di tiro. La misteriosa intrusa
alza una mano e le pallottole si fermano a mezz’aria per poi ricadere al suolo
senza far danni, per mia fortuna.
Quanto
a lei, avanza verso Gavin Thorpe dicendo:
-Puoi chiamarmi Poison. Slug aveva imparato a
temermi e lo farai anche tu.-
Gli
strappa di mano la pistola poi lo solleva come se fosse senza peso e lo lancia
contro una parete.
In
quel momento irrompono nella stanza degli uomini armati. Lei non si scompone e
ripete il suo giochetto coi proiettili poi fissa gli sgherri di Thorpe e
giurerei di veder brillare i suoi occhi. Un attimo dopo i gangster crollano a
terra gridando e vomitando. Uno spettacolo disgustoso.
A
questo punto Poison si rivolge a me ed a Cindy, ormai sveglia anche lei:
-Filate, non fatevelo ripetere.-
Una
parte di me vorrebbe restare vedere quel che succede, ma quella più
intelligente si rende conto che una reporter morta sarebbe inutile. Io e Cindy
prendiamo le nostre poche cose e corriamo nel corridoio dove ci aspettano due
licantropi.
Le
cose si mettono di male in peggio.
FINE PARTE TERZA
PARTE QUARTA
I VIVI E I MORTI
1.
La notte è passata anche troppo presto. Mi sveglia il calore del sole
attraverso la finestra e sento la voce di Natasha:
-Ben svegliato
Matt.-
È chiaramente in piedi vicino al
letto e dai rumori che sento, capisco subito che…-
-Stai andando
via.-
-Sto benissimo
ormai.- replica lei -Non c’è più bisogno che resti qui.-
-E i dottori che
dicono?-
-Hanno provato a
dissuadermi. Non ce l’hanno fatta.-
Rido divertito. Prima che possa
aggiungere qualcosa sento arrivare qualcuno. Il profumo delicato, la frequenza
dei battiti e del respiro mi fanno riconoscere la giovane Daisy Dugan, quanto a
Ivan Petrovitch, il suo dopobarba è inconfondibile.
-Noi siamo
pronti, zarina.- dice il vecchio cosacco prendendo una delle valigie sul letto.
-Prendo io
l’altra Miss Romanoff.- aggiunge Daisy.
-Per l’amor del
cielo, Daisy, potresti anche chiamarmi Natasha.-
-Ci proverò… Miss
Romanoff.-
Natasha sospira poi si rivolge a me:
-Hai bisogno di
un passaggio in ufficio, Matt?-
-Potrebbe farmi
comodo.- rispondo calandomi nei panni del cieco ad esclusivo beneficio di
Daisy, l’unica qui a non sapere della mia doppia identità. Mi chiedo per quanto
riusciremo a tenergliela nascosta.
Prima di andarcene facciamo visita
ai gemelli. Natasha mi stringe la mano per tutto il tempo. Quel gesto mi
comunica tutta la fragilità che normalmente non ammetterebbe mai di avere.
Reali o metaforiche vestiamo tutti delle maschere e talvolta nemmeno noi
sappiamo più chi siamo veramente. Sarà lo stesso anche per i nostri figli?-
Il viaggio in Rolls Royce mi
imbarazza un po’, lo confesso. Quando ero piccolo mio padre si arrabattava a
fare qualunque lavoro pur di trovare i soldi per mangiare o farmi studiare. Che
ne penserebbe di questa ostentazione di agiatezza? Cosa ne penso io?
Io e Natasha ci lasciamo con
l’impegno di rivederci per cena. Entro nel palazzo e prendo l’ascensore. Quando
ne esco capisco immediatamente cosa mi aspetta ma recito la mia parte sino in
fondo ed oltrepasso la porta d’ingresso.
Tutti mi si fanno intorno e mi
salutano mentre li immagino con grandi sorrisi in volto.
Sento il rumore della sedia a rotelle di Becky Blake che si fa largo
per poi fermarsi davanti a me e dirmi:
-Ti dispiace
chinarti?-
Lo faccio e lei mi abbraccia.
-Sono così felice
per te, Matt.- mi dice mentre sento le lacrime scorrere lungo le sue guance.
-Posso dire la
stessa cosa?-
A parlare è stato Willie Lincoln, un
vecchio amico a cui un destino crudele ha strappato la vista. Non ha i miei
supersensi ma non per questo si è arreso, ora è il capo investigatore del mio
studio. Lui è afroamericano ed io sono bianco ed entrambi sappiamo quanto
questo non conti nulla.
Ci abbracciamo virilmente, come suol
dirsi. Alle sue spalle avverto la presenza di Dakota North.
-Congratulazioni,
Matt.- mi dice.
-Grazie.-
rispondo -Ho saputo che tuo padre è rimasto ferito nell’attentato di ieri.-
-È un duro.-
risponde lei ostentando un’indifferenza che in realtà non prova -Dev’essere già
al lavoro e se lo conosco bene, starà pensando ad un qualche piano per
incastrare Finn Cooley.-
E non è certo il solo.
La riunione di redazione al Daily Bugle è movimentata come sempre e
stavolta è presente anche J. Jonah Jameson, il nostro editore, segno di quanto
si siano fatte scottanti le cose.
Le notizie sono
parecchie ma non ci sono dubbi su quale sarà quella che si guadagnerà il titolo
a quattro colonne.
-Cosa sta succedendo a questa città? Cosa sta succedendo a questo
dannato paese?- sbraita J.J.J. -Da quando permettiamo a dei maledetti
terroristi di fare quel che vogliono a casa nostra? Se sono sicuri di sapere
chi è il colpevole, perché non lo prendono?-
-Finn Cooley è abituato a sfuggire alle autorità da quando portava i
calzoni corti, Jonah.- replica quieto il nostro direttore, Joseph Robertson,
chiamato familiarmente Robbie -È sfuggito per anni alla caccia accanita della
polizia nordirlandese e dei mastini del MI5 dopotutto.-[18]
-Hell’s Kitchen non è grande come l’Irlanda. Quell’uomo si nasconde lì,
lo sanno tutti ma non riescono a trovarlo?-
-Non è un caso che lo chiamino la Primula Rossa dell’Ulster.-
intervengo io.
-Sta applicando le classiche tattiche del terrorismo.- commenta Kate
Cushing, la caporedattrice della cronaca cittadina -Compresa quella del doppio
attentato in cui vengono colpiti i soccorritori e le forze dell’ordine accorsi
sul luogo di un attentato precedente.-
a Hell’s Kitchen se Devil non
fosse intervenuto appena in tempo per impedirlo e catturare l’attentatore.-
-Se non altro quel buffone in costume si è reso utile.- ribatte Jonah
-Ma dov’erano gli altri? Dov’era quel presunto protettore dei deboli dell’Uomo
Ragno? Penso che scriverò un editoriale al riguardo.-
Robbie alza gli occhi
al cielo e sospira. Jonah borbotta qualcosa di incomprensibile e la tensione si
allenta, poi Kate mi chiede.
-Passando ad altro, Ben, tu conosci bene Franklin Nelson, pensi di
poter avere da lui una dichiarazione sul suo licenziamento?-
-Ci ho già parlato e mi ha detto solo che si sente in pace con la sua
coscienza. Ne avrei parlato prima ma sinceramente quel che è accaduto a Hell’s
Kitchen me lo aveva fatto dimenticare.- rispondo.
-Più che comprensibile.- conviene Robbie.
-Se vuoi intervistarlo…- aggiungo -Manda qualcun altro -Io preferisco
seguire la pista di Finn Cooley.-
Ma senza farmi troppe
illusioni.
Nella sua lussuosa villa in un isolotto di fronte a Honolulu, nelle Hawaii, un uomo riflette sulle notizie appena ricevute da New York. I contribuenti sarebbero sorpresi e forse indignati se sapessero che il commerciante di crostacei che possiede quella bella villa e che raramente si sposta da essa e sempre con discrezione è in realtà Wilson Fisk, l’ex Kingpin del Crimine della Grande Mela, che invece di scontare la meritata pena per gli innumerevoli delitti commessi ha fatto un patto con le autorità federali svelando i segreti del crimine organizzato evitando così la galera in cambio di un esilio dorato nell’angolo più lontano degli Stati Uniti sotto l’ombrello del Programma Protezione Testimoni.
Se però pensate che Mr. Fisk stia semplicemente facendo la vita del pensionato, ripensateci.
-Wesley.- dice semplicemente ed un attimo dopo il suo fedele assistente appare dicendo:
-Desidera, signore?-
-Tutte le informazioni su Finn Cooley e su chi gli sta accanto. Nessuno può permettersi di seminare il caos nella mia città anche se sono lontano e quando le avrai, fai in modo che arrivino a Devil.-
-Sarà fatto in giornata, signore.-
-Non mi aspetto di meno e fai anche avere un bouquet di fiori a Natasha Romanoff con un biglietto di congratulazioni per la nascita dei suoi figli. Anonimo. Sono certo che lei e Matt Murdock capiranno comunque chi lo manda.-
E Wilson Fisk si concede un sorriso.
2.
Kathy Malper ha appena finito di farsi la doccia che sente squillare il
telefono. Manda un paio di maledizioni a quelli che scelgono sempre questi
momenti per chiamare. Non è un numero nella sua rubrica, chi può essere? Solo
una manciata di persone conosce il suo numero personale. Il cellulare
dell’ufficio l’ha ovviamente lasciato sulla sua ex scrivania quando se n’è
andata. Beh c’è solo un modo per saperlo.
-Pronto?-
<<Miss
Malper? Sono Blake Tower, si ricorda di me?>>
L’ex Procuratore Distrettuale della
Contea di New York, un uomo in gamba ed affascinante con un’impressionante
somiglianza con il Robert Redford dei tempi d’oro. L’ultima volta che Kathy ha
sentito parlare di lui lavorava al Dipartimento della Giustizia a Washington ma
era durante la precedente amministrazione e forse anche lui è tra quelli
licenziati dal nuovo Presidente.
-Certo che mi
ricordo di lei, Mr. Tower, come mai mi ha chiamata?-
<<Mi ha dato
il suo numero il mio vecchio amico Bill Hao. So che è rimasta senza lavoro. Ho
una proposta da farle che spero la interesserà.>>
Bill Hao è l’attuale Procuratore di
Manhattan e per lei qualcosa di più di un amico. Se lui ha dato a Tower il suo
numero ha avuto sicuramente dei buoni motivi. La risposta di Kathy è scontata.
-La ascolto.-
Il
bar di Josie è uno dei più famigerati ritrovi della malavita cittadina. Quando
vi entro sento il cuore della proprietaria fare un balzo.
-Devil…- dice.
-Tranquilla, Josie…-
replico sorridendo -… dopotutto è passato un bel po’ di tempo da quando ti ho
rotto l’ultima vetrina non è vero? Se tutti se ne staranno calmi, non ci
saranno problemi.
Lei sospira ed io passo oltre il bancone. Uno degli
avventori scende dal suo sgabello. Senza nemmeno voltarmi gli dico:
-Non pensarci nemmeno.-
Lo sento rimettere in tasca il coltello a serramanico. È
uno furbo, sembra.
Individuo subito chi sto cercando e dal suo battito
capisco che si è finalmente accorto della mia presenza. Troppo tardi per
provare a scappare.
-Dobbiamo parlare,
Turk.- gli dico
Turk è un pesce piccolo, un po’ come quelli che seguono
gli squali sperando di sfamarsi coi loro avanzi e spesso mi ha fornito, non
sempre volontariamente, informazioni interessanti
-Io non so nulla,
Devil.- proclama con fin troppa enfasi.-
-Ottimo.- ribatto
-Allora sarà una chiacchierata molto breve.-
Dieci minuti dopo Turk mi ha detto un sacco di cose su
Finn Cooley, forse anche troppo. In ogni caso adesso so cosa devo fare.
La ragazza bionda con l’abitino rosso che le lascia scoperte le spalle
entra nella palazzina e si guarda intorno. Arredamento minimalista. Tipico di
Finn Cooley, pensa. Inutile avere con te roba che potresti dover abbandonare in
tutta fretta. La vita del latitante… c’è chi la trova affascinante.
Il battere ritmico dei suoi tacchi
risuona nel corridoio mentre viene accompagnata sino ad uno studio dove
l’attendono due uomini. Uno dei due ha il volto sfigurato con la carne
parzialmente esposta e la voce roca mentre dice:
-Tulip O’Hara; da
quanto tempo?-
-Troppo, Finn.-
replica lei -Vorrei dirti che ti trovo bene ma sarei una pessima bugiarda.-
Cooley scoppia a ridere e si rivolge
all’uomo al suo fianco:
-La senti, Paddy?
La solita irriverente sgualdrina.-
-La stessa
sgualdrina che ci ha piantato anni fa.- precisa, gelido Paddy O’Hanlon detto il
Celta.
-Non lo nego.-
ribatte Tulip -Ma non sono qui per parlare di questo. La verità è che a fare la
brava ragazza mi annoio. Voglio tornare in gioco.-
-Ho sentito dire
che ora lavori per un pezzo grosso.- aggiunge Cooley.
-Sono la guardia
del corpo personale di Stephen J. North.- replica la ragazza senza scomporsi
-Lui coordina le indagini su di te, Finn ed io vivo nella sua casa, gli sto al
fianco quando esce, mango con lui…-
-Dormi anche con
lui? Chiede O’Hanlon con un sogghigno.
Tulip non raccoglie la provocazione
e continua.
-Il fatto è che
lui si fida di me al punto che ha chiesto il mio aiuto per incastrarti. Io ho
finto di assecondarlo ma ti sono ancora fedele Finn e se tu lo vuoi, lo
ucciderò per te.-
-Quest’idea mi
piace.- commenta Cooley.
Ci avrei scommesso, pensa Tulip.
3.
Seduto nel piccolo studio di casa sua William Hollister ascolta il notiziario:
<<Le improvvise dimissioni del Procuratore Generale travolto da uno scandalo sessuale cambiano radicalmente lo scenario politico dello Stato di New York eliminando dalla scena un sicuro favorito alla successione all’attuale Governatore alle prossime elezioni. L’Assemblea Generale[19] si sta per riunire allo scopo di nominare un Procuratore Generale ad interim in attesa delle elezioni di novembre.>>
-Questo cambia tutto.- borbotta.
-Hai detto qualcosa, papà ?-
- Sulla soglia del salotto si affaccia una bella ragazza apparentemente sui vent’anni dalla pelle con sfumature color caffelatte che veste un abito corto senza maniche e con spalline.
-Nulla di importante Lily.- risponde Hollister -Stavo riflettendo sul futuro -
-Ho sentito che hai avuto un’offerta da Sharpe, Byrnes & Hogarth per entrare nel loro studio.-
-E chi te l’ha detto?-
-Una mia amica che lavora lì. Intendi accettare?-
-No. Quello studio ha un’etica discutibile e poi… ho altri piani. Piuttosto… tu dove stai andando.
-Ad un party con le mie amiche.-
-Dovresti pensare a studiare o a trovare un lavoro.-
-C’è ancora tempo per questo, papà.-
Senza aggiungere altro Lily Hollister volta le spalle al padre ed esce di casa. Bill Hollister rimane fermo in silenzio per qualche istante poi sospira e prende il cellulare e compone un numero. Appena la persona chiamata risponde, le dice:
-Ciao. Voglio ritirare la mia candidatura a Sindaco e presentarmi alle primarie democratiche per Procuratore Generale. Provvedi e poi richiamami.-
Il dado è tratto.
Arrivo
al Police Plaza Uno[20]
sperando di trovare qualcuno che possa fornirmi un briciolo di informazione e
trovo che qualcuno mi ha già preceduto. È quella tizia bionda della WFSK, Nina
Zahl, e sta parlando col Detective di Primo Grado Connor Trevane della
Divisione che si occupa del Crimine Organizzato.
-Ben, che bello
rivederti. Come stai?- mi saluta con una cordialità che sembra davvero
spontanea.
-Cerco di star bene,
grazie Nina.- rispondo.
-Connor… il Detective
Trevane è stato molto gentile… ma anche fermo nel non dire niente.- continua
Nina sbattendo gli occhioni blu -Naturalmente non ho insistito. Non vorrei mai
intralciare il corso della Giustizia e nemmeno tu, vero?-
Ancora una volta mi ritrovo a
chiedermi se una così può essere vera e non ho ancora una risposta.
Ufficialmente questa palazzina nella zona del porto di New York ospita la sede di una piccola ditta di import-export ma il suo titolare ha anche un secondo lavoro: trova killers a pagamento a chi ne ha bisogno.
Eric Slaughter è abbastanza anziano da ricordare i passati fasti della mafia irlandese di Hell’s Kitchen. Lo si potrebbe definire un esponente di una razza in via di estinzione esattamente come l’uomo anziano che siede in una poltrona davanti alla sua scrivania e che ha l’aria di un vecchio nonno bonario. Le apparenze ingannano.
L’uomo si rivolge a due giovani donne, una bionda vestita di blu ed una bruna vestita di rosso:
-Eric dice che siete le migliori assassine a pagamento che offre la vecchia Irlanda.-
-Mr Slaughter è molto gentile…- risponde la bionda con un lieve sorriso e con un morbido ma evidente accento di Dublino -… ma è vero che io mia sorella siamo molto in gamba. Non abbiamo mai mancato di onorare un contratto finora.-
-Finn Cooley è diverso. In molti hanno cercato di ucciderlo ma sono stati i loro parenti a piangere ai loro funerali.-
-Ne siamo consapevoli.- replica la bruna -Tuttavia la sfida è eccitante: si tratta di uccidere una leggenda e l’onorario da lei offerto, Mr. French, è molto allettante… abbastanza da compensare i rischi.-
-E cos’è la vita senza un po’ di rischio?- rincara l’altra.
Sono giovani, pensa Napper French, forse nessuna delle due ha ancora 25 anni. Per loro la mafia irlandese ed i troubles[21] sono solo racconti dei loro padri o nonni, tuttavia…
-Fate il vostro lavoro come si deve sbarazzandomi di Finn Cooley e non ve ne pentirete, ve lo garantisco.-
-Come ho letto una volta in un libro…- dice la bionda -… le porteremo la sua testa su un piatto d’argento… o sarà lui a farle recapitare le nostre… ma questo non accadrà perché noi non falliamo mai.-
Me lo auguro davvero, pensa Napper.
FINE PARTE QUARTA
EPILOGO UNO
Io e Natasha siamo tornati a far visita ai nostri gemelli. Poco
distante Ivan finge indifferenza ma non può ingannare i miei sensi e le sue
emozioni sono per me come un libro aperto… come quelle di Natasha.
-Sono così
piccoli.- mormora.
Ci vorrà tempo perché i gemelli possano essere dimessi
dall’ospedale. Sono ancora troppo piccoli e fragili. E' solo l’incubatrice che
li sostiene almeno per ora.
-Ma sono dei
combattenti come i loro genitori.- replico.
-Ed è questo
il loro destino? Combattere? È questa l’eredità che stiamo preparando loro? Il
retaggio di vite vissute nel segno della violenza?-
-Noi siamo
quel che siamo, Tasha, non possiamo cambiarlo e forse nemmeno lo vorremmo.
Quanto a loro, faranno le loro scelte e noi potremo solo sperare che siano
quelle giuste per loro.-
Natasha li fissa attraverso il
vetro, poi mi stringe la mano ed all’improvviso mi chiede:
-Sei ancora
d’accordo sui nomi?-.
-Ma certo.-
replico -Quindi è deciso?-
-Mike e
Gracie Murdock, sì. Mi piace come suonano.-
I nostri figli. Sapremo proteggerli da
tutti i pericoli del Mondo? Che Mondo daremo loro quando saranno adulti?
Solo il tempo potrà dirlo.
EPILOGO DUE
È tardo pomeriggio quando Tulip O’Hara rientra nell’appartamento di Sam North. Il vecchio agente è seduto su una poltrona del salotto alza gli occhi e le chiede:
-È andato tutto bene?- le chiede.
-A meraviglia.- risponde lei con un sorrisetto sfrontato.
Estrae dalla borsetta una Beretta calibro 22 e la punta verso North dicendo:
-Finn Cooley ti manda i suoi saluti.-
Poi spara… due volte.
EPILOGO TRE
Un bip mi avverte che
ho un messaggio in arrivo sul mio cellulare. Whatsapp o una diavoleria del
genere.
È un messaggio vocale.
La voce di Candace Nelson e suona realmente spaventata:
<<Foggy… Ben… chiunque mi ascolti… ho
bisogno di aiuto.>>
Un
attimo dopo sento come il rumore di un tonfo e poi più nulla.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Stavolta
ci sono davvero un po’ di cose da dire, quindi non perdiamo tempo.
1)
Siamo
arrivati finalmente al numero 100, un traguardo che sinceramente non credevo di
tagliare e di cui sono sinceramente orgoglioso.
2)
Sono
finalmente nati i due gemelli di Matt e Natasha, un evento epocale per certi
versi. Restate sintonizzati per sapere come e quanto la loro presenza
influenzerà le vite della nostra coppia di supereroi preferita
3)
Nel
racconto appaiono un po’ di personaggi noti e meno noti. Di alcuni ho già
parlato negli episodi precedenti e degli altri parlerò a tempo debito. Sappiate
però che, tranne un paio di casi si tratta di personaggi già apparsi in storie
Marvel. Riuscite a riconoscerli tutti? -_^
Nel prossimo episodio:
il livello di violenza aumenta a Hell’s Kitchen mentre dalla Florida arriva un
disperato grido di aiuto. Nel frattempo Devil e la Vedova Nera si adattano alla
loro nuova vita.
Carlo
[1]Per i dettagli vedere Daredevil MIT #11.
[2] Avvenuta su Daredevil Vol. 2° #5 (In Italia su Devil & Hulk #66).
[3] La Capitale dello Stato di New York.
[4] Nell’ultimo episodio.
[5] Su Daredevil Vol. 1° #243/244 (in Italia su Fantastici Quattro, Star, #50/51)
[6] Irish Republican Army
[7] Così gli irredentisti irlandesi chiamano l’Irlanda del Nord.
[8] Per tutti i dettagli leggete l’Uomo Ragno MIT #99/102.
[9] Liz Allen Osborn, attuale compagna di Foggy, è stata compagna di liceo di Peter e Flash.
[10] Un bel po’ di tempo fa su Web of Spider Man #114 (in Italia su L’Uomo Ragno, Marvel Italia, #174)
[11] Magari sull’Uomo Ragno MIT #102. -_^.
[12] Ovvero due episodi fa
[13] Ovvero il Raft.
[14] Bureau of Alcohol, Tobacco,
Firearms and explosives
[15] Ovvero due episodi fa
[16] J. Jonah Jameson, editore del Daily Bugle e varie altre riviste
[17] Un altro riferimento a fatti avvenuti su Daredevil MIT #11.
[18] Altrimenti noto come Security Service, il servizio di sicurezza interna del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
[19] La Legislatura dello Stato di New York
[20] La sede del Dipartimento di Polizia della Città di New York.
[21] Letteralmente: “i guai”, così sono chiamati, i moti antibritannici nell’Irlanda del Nord cominciati nel 1969.